Coronavirus, almeno nominiamolo per bene (Crusca dixit)

Visto che il mostro dobbiamo combatterlo, rispettandolo e temendolo, almeno chiamiamolo con il suo nome. Senza snobismi e fughe in avanti. Bando al “coronavairus” alla Di Maio maniera. Il virus è virus, anche se arriva dalla Cina. E lo dice l’Acccademia della Crusca.

L’Ansa uscita pochi minuti fa ha per me in questo momento il sapore triste della nostalgia di tempi (che sembrano lontanissimi) in cui si poteva discettare anche di cose non proprio basilari. Torneranno presto. Intanto: il mostro chiamiamolo con il suo nome.

Dall’Ansa delle 12:18

Coronavirus: La Crusca, la pronuncia all’inglese è snobismo

La scelta del ministro degli Esteri Luigi Di Maio di pronunciare ‘all’inglese’ il termine “Coronavirus” (dunque, ‘Coronavairus’) “resta discutibile e poco opportuna, ed è ascrivibile alla categoria di quello che i linguisti chiamano ‘snobismo’: avrà sentito pronunciare così da colleghi o esperti esteri, e l’ha ripetuto a sua volta in italiano”.

A dirlo è Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, nel testo “In margine a un’epidemia: risvolti linguistici di un virus”, pubblicato sul sito internet della stessa Accademia.  Il termine Coronavirus non è direttamente derivato dal latino ma è un anglismo: lo si nota dalla posizione delle parole che formano il composto. “E’ un composto esogeno, ovvero un ‘dono’ dell’inglese”, seppure coniato mediante elementi latini – dice Marazzini – Non a caso, l’attestazione più antica nota era proprio in lingua inglese, alla data del 1968, registrata anche dall’Oxford dictionary”.

Marazzini parla dopo un primo intervento del linguista Salvatore Claudio Sgroi dell’Università di Catania, che aveva preso le difese del titolare della Farnesina. “Condivido perfettamente la sua difesa condotta contro chi magari dimentica che altre parole anglo-latine vengono comunemente anglicizzate, come mass-media pronunciato ‘mass-midia’, o Juventus Stadium pronunciato ‘Juventus stedium’“.

“Di fatto, in tutto il mondo, chi usa l’inglese, non dice solo “coronavairus” (pronuncia regolarmente registrata nell’Oxford dictionary), ma anche dice “vairus” per “virus”. Però in Italia la pronuncia “vairus” non ha corso – aggiunge il presidente della Crusca – Ciò significa che gli italiani, in questo caso, per fortuna, a differenza di quanto accadde per la scelta di ‘stedium’ e ‘midia’, non hanno avvertito virus e coronavirus come anglismi. Quindi non si tratta di scegliere come si vuole, ma di attenersi a un uso stabile, consolidato e dominante. Del resto lo stesso Di Maio, dopo la campagna di stampa contro la sua pronuncia anglicizzante sembra aver cambiato strada. Credo abbia fatto bene a far così”.