Scadeva oggi. Ho da poco avuto conferma che è stata spostata al 6 luglio la deadline agli operatori per la presentazione dei piani di investimento sulla banda ultralarga per i prossimi tre anni. I piani vanno segnalati a Infratel (braccio operativo del Mise) e la consultazione ad aprile è stata avviata a seguito dell’annuncio, da parte di Telecom Italia, dei propri investimenti in Ftth (fibra fino a casa) in 40 città. Una mossa con la quale l’ex monopolista è entrato a gamba tesa nella partita sulla banda ultralarga, dopo aver constatato la fine di qualsiasi possibile finale positivo sul fronte Metroweb.
Il senso della mossa dell’operatore tlc era in sostanza questo: io (Telecom) faccio presente di avere questo piano di investimento per il rollout della fibra in 40 città. E così blocco possibili incentivi pubblici che non potranno essere dati in quelle città o aree, pena violazione delle regole comunitarie. Poi nel frattempo si è capito che anche Enel sarebbe stata della partita. E quindi si è dato il via alla consultazione con l’idea di rendere più vincolanti gli impegni degli stessi operatori.
Ora però il rinvio della deadline. Per carità, può succedere. Ma accade dopo l’affossamento dei crediti d’imposta per gli investimenti in banda ultralarga discendenti dallo Sblocca Italia e dopo un balletto che sembra volgere al peggio sul decreto comunicazioni, pronto ma chissà perché non dato alle stampe. Inutile continuare a descrivere dati che fotografano il ritardo dell’Italia e il bisogno che l’Italia avrebbe di fibra (fino a casa o fino ai cabinet che dir si voglia). Ormai è diventato quasi stucchevole.