La fine del roaming non è al momento “sostenibile o fattibile in pratica”. Troppe differenze fra gli operatori, ma anche troppe differenze fra le abitudini di consumo rendono sostanzialmente insostenibile o quantomeno sconveniente puntare allo stop delle maggiorazioni.
La doccia fredda per uno dei punti fondanti del pacchetto single market arriva da uno studio del Berec, l’organismo che riunisce i regolatori europei. Qui lo studio completo
Alla fine, quel che si legge anche tra le righe dell’analisi e che, per coprire i costi di chi usa spesso il roaming, in molti casi possano aumentare le tariffe nazionali a discapito dei consumatori che non viaggiano. “Non c’è” insomma, conclude il rapporto, un “punto giusto” di equilibrio per usare la telefonia e soprattutto il traffico dati all’estero così come a casa.
Interessante infine, analizzare nelle ultime pagine dello studio le differenze fra le abitudini nei vari Paesi. Per esempio il tempo speso all’estero: da un minimo di un giorno all’anno per i greci o dei 2,2 per gli italiani ai 27 dei lussemburghesi. Senza contare il 36% dei cittadini che non viaggiano affatto: da un minimo del 4% dei lussemburghesi a un massimo del 63% di greci e bulgari.
Pur essendo un parere tecnico e non vincolante, il parere del Berec entrerà certamente a far parte delle frecce nell’arco dei Paesi più riluttanti all’idea di della fine del roaming, idea che non piace di sicuro alle telco, che temono di perdere una larga fetta dei loro ricavi.
Qui l’articolo in cui spiegavo tutti i rischi che hanno messo e mettono in forse la fine del roaming.