#Mediaset e quella risalita della pubblicità che sa di ripresa dell’economia

Nel parlare di situazione economica del Paese, c’è un indicatore forse poco considerato, ma da cui invece arrivano indicazioni molto positive. Cui, diciamoci la verità, varrebbe la pena aggrapparsi dopo anni di violentissima crisi.

Nei giorni scorsi Nielsen ha diffuso i dati sulla pubblicità, segnalando che nei primi nove mesi dell’anno la raccolta è cresciuta dell’1% rispetto a gennaio-settembre 2014. E’ vero: un caveat importante c’è. A contribuire al segno più in maniera determinante sono stati i giganti del web. Senza Google e Facebook (e in minor misura Twitter) la raccolta sarebbe in terreno negativo.

Attenzione però. Perché la Tv sta macinando risultati su risultati. Nel solo mese di settembre la raccolta è cresciuta del 6,6%. Mediaset, che pesa il 57% sul totale della raccolta tv (che a sua volta pesa per il 58% sul totale raccolta senza i giganti del web), ha segnato un incremento del 3,4% annuo nel solo mese di settembre e dello 0,2% nel periodo cumulato. Oggi durante la presentazione dei conti trimestrali il gruppo ha comunicato anche un +0,5% nei primi dieci mesi. Ricordo che nel 2014 il dato è stato negativo per il 3,8%.

Anche Rai spesso nelle ultime settimane è andata in overbooking.

Insomma, visto che la pubblicità è un indicatore considerato “anticipatore” della ripresa, forse potremmo iniziare a pensare con maggiore convinzione all’uscita dal tunnel.

Chi dobbiamo ringraziare? A sentire centri media, concessionarie di pubblicità ed esperti, il ringraziamento va innanzitutto al numero uno della Bce, Mario Draghi, che con il Qe ha dato una mano determinante. Altro ringraziamento va ad Expo. Non è che l’Esposizione universale abbia spinto in particolar modo gli investimenti pubblicitari tout court. Ma sul clima complessivo avrebbe inciso, eccome.

E se risale la pubblicità, se risale la Tv che da sempre è la regina del mercato pubblicitario, e se risale la raccolta di Mediaset che è l’azienda leader nella raccolta in Tv, forse c’è di che ben sperare.