Mala tempora currunt, sed peiora parantur. Se le tv locali si attendevano oggi qualche buona notizia dall’audizione del ministro dell’Economia Giovanni Tria davanti alla commissione di Vigilanza Rai, non potranno che essere rimaste deluse. Alle domande dei commissari sull’uso dell’extragettito derivante dal canone in bolletta Tria ha detto che «in base agli impegni previsti dal contratto di servizio a carico della Rai, devo considerare che il meccanismo di riparto dell’extragettito fiscale cesserà a partire dall’anno 2019». Non una buona notizia in sé per le tv locali.
Val la pena fare un passo indietro per capire. Come extragettito si intende il gettito in più dovuto alla riscossione del canone in bolletta. Dal 2016 al 2018 le eventuali maggiori entrate si calcolano rispetto a quanto iscritto come canone di abbonamento nel bilancio di previsione dello Stato per il 2016. Quali le destinazioni? Essenzialmente tre: finanziamento dell’ampliamento della soglia di esenzione dal pagamento del canone, riduzione della pressione fiscale, e (eccoci) finanziamento del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. L’audizione del ministro Tria è stata teatro anche di un botta e risposta fra il titolare del dicastero dell’economia e l’ex sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli (Pd). Tria ha ribadito che «cesserà questo tipo di ripartizione dall’anno 2019 e quindi andrà tutto quanto al capitolo di entrata del bilancio dello Stato». Quindi alla domanda esplicita di Giacomelli («Non c’è più il sostegno alle tv locali?») Tria ha risposto: «Per ora no». La Lega ha dichiarato che ovvierà al problema dei tagli alle tv locali derivante da «una decisione presa tre anni fa dal governo Renzi e il ministro Tria si è semplicemente limitato a constatare lo stato dell’arte», per dirla con le parole dei deputati della Lega Paolo Tiramani e Massimiliano Capitanio, componenti della commissione di vigilanza Rai. Pronta la replica dell’ex sottosegretario Antonello Giacomelli: «E’ con legge di bilancio del governo Renzi che abbiamo garantito nei tre anni di applicazione del canone in bolletta un contributo certo al fondo per le tv locali. Come tutti sanno e come chiunque può verificare».
Polemica politica. Si vedrà. Del resto le tv locali sapevano di dover fare i conti con questa incertezza alla fine dei primi tre anni di conteggio dell’extragettito Rai.
Ma intanto sulle tv locali incombe un’altra spada di Damocle: la ripartizione delle frequenze a seguito del passaggio, dal 2022, della banda 700 dai broadcaster alle telco. Al Tavolo 4.0 presso il ministero dello Svilupo economico Confindustria Radio Televisioni ha presentato una proposta per trovare soluzione ai problemi prospettati dalla Rai (e che hanno portato l’azienda di Viale Mazzini a ricorrere al Tar contro il piano delle frequenze redatto dall’Agcom). Ecco il succo: due dei Mux riservati alle tv locali (4+1) dovrebbero passare alle nazionali (i cui Mux salirebbero da 10 a 12). Questo unitamente alla rottamazione volontaria per tv locali e indennizzi per le nazionali che intendessero lasciare le frequenze. «E’ inaccettabile che si discuta solo dell’ipotesi di soppressione della riserva a favore delle tv locali di un terzo della capacità trasmissiva del piano di assegnazione delle frequenze, senza affrontare, allo stesso tempo, il tema di come garantire, attraverso norme organiche, la continuità aziendale e il futuro delle tv locali, a seguito del rilascio della banda 700 e del passaggio al DVB-T2», ha dichiarato a caldo Marco Rossignoli, coordinatore Aeranti-Corallo.
Partita, come si vede, complicata e per il governo giallo-verde da giocare con cautela