Inutile girarci attorno. Evidentemente la scelta di anticipare l’asta rispetto a quelle di Champions ed Europa League (lunedì il termine per le offerte, ma poi ci vorrà ancora un po’ di tempo per conoscere i vincitori che la Uefa decide in genere a trattativa privata) non è stata da parte di Infont e Lega Serie A una scelta oculata. In fondo è stata una prova di forza e in questo caso la prima cosa emersa è, appunto, chi sono i più forti, in grado di gestire il banco. E’ andata così. L’intervista a Dino Zoff sul Corriere della Sera di oggi mi sembra molto esplicativa: ci si è affidati mani e piedi alle tv, alla fine non si può pretendere di avere il pallino.
In condizioni normali direi senza dubbio che è scoppiata la bolla del calcio italiano. Mi rimane un minimo dubbio pensando che possa esserci un asse – Mediaset, Vivendi, Telecom – su cui si sta giocando una partita evidentemente collegata. Prendere tempo è una soluzione che fa comodo sicuramente a Mediaset e Vivendi, per capire se e come trovare un’intesa sul tema dei diritti tv. Dall’altra parte Telecom è ora controllata anche ufficialmente da Vivendi, e quindi è un po’ diverso il quadro rispetto a quando il ceo Flavio Cattaneo disse davanti ai parlamentari riuniti in Commissione che Tim sarebbe stata interessata ai diritti del digitale. Al di là di tutti i possibili ragionamenti e delle dietrologie, stiamo ai risultati: né Mediaset (che pure ha contestato il bando all’Antitrust), né Tim (che da parte sua aveva fatto intendere già da un paio di settimane almeno che a queste condizioni non avrebbe offerto ritenendo pacchetti inadeguati al costo) hanno presentato offerte. Per la cronaca: anche Discovery-Eurosport è rimasta alla finestra non partecipando all’asta.
A ogni modo io guardo all’offerta proprio sui pacchetti C (quelli digitali). Perform ha offerto un quarto del valore complessivo richiesto da Lega e Infront. E da stime di mercato in effetti nei giorni scorsi sapevo di un valore ritenuto valido, ma a un quinto dei 200 milioni richiesti. Sky è l’unica che ha puntato oltre a Perform in questa tornata. Ha puntato sul pacchetto satellitare (30 milioni in più rispetto alla base d’asta), ma sul D (27% della tifoseria) ha precisato che il valore non poteva essere quello richiesto (400 milioni) e ha presentato un’offerta ampiamente sotto soglia. Aggiungo perché giustamente mi si fa notare: ma ora Sky non rischia di fronte a un’offerta aggressiva di un eventuale asse Mediaset-Vivendi- Telecom? Rispondo: Sky non poteva fare comunque nulla per evitare questo esito. Nel bando si scriveva chiaramente che senza offerte su un singolo pacchetto poteva andare (come è andato) tutto a monte.
Comunque, ritorno alle due offerte di Perform e Sky, con valori evidentemente differenti da quelli pensati dalla Lega Serie A. Qui, in queste due evidenze, per me c’è in nuce tutta la crisi di un calcio italiano davanti (o forse ormai dentro) un’immensa bolla. C’è la crisi economica in Italia (nonostante gli zero virgola cui ci appigliamo tutti); gli abbonati alla pay tv non crescono (anche perché uno degli attori, Premium di Mediaset, non se l’è vista proprio bene negli ultimi tempi); c’è una grande lotta fra broadcaster con un nuovo entrante, Vivendi, sui cui da quasi un anno si concentrano interrogativi sulle reali – e quantomai ondivaghe (faccio, non faccio; compro, non compro) – intenzioni.
Ma il valore del calcio italiano è scemato. Sei scudetti di fila della Juventus (e poverini non è colpa loro, ma anche un merito all’imprinting manageriale della società) – con le milanesi perse nei meandri dei “passaggi di proprietà” le romane alle prese con un mondo tutto loro, anche a fronte di un Napoli che invece prende quota – hanno reso veramente poco interessante la Serie A. Altrove guadagna valore, in Italia perde valore. Ma se perde valore il calcio, non perderà valore anche la pay tv che del calcio si è ampiamente nutrita in questi anni? Può essere e, in fondo questa mi sembra l’unica leva per i club della Serie A.
Intanto però l’Italia pallonara aspetta di capire dove vedere il calcio in Tv a partire dall’estate 2018. E i presidenti di club di capire da dove e quanti soldi arriveranno, anche per le campagne acquisti. Forse da oggi più consapeoli però che – inutile raccontarselo – non comandano loro. E sicuramente da oggi, più consapevoli che il miliardo la Serie A in questo momento non lo vale. Lo dicono gli abbonati pay non cresciuti, lo dicono ascolti per alcune partite, lo hanno detto ieri le media company interessate. Che poi ci siano altre partite in gioco sull’asse Cologno-Parigi è solo un’aggravante.
ps. Se è vero quel che si dice, e cioè che Italian Way avrebbe presentato non un’offerta ma una lettera di proteste in busta chiusa in risposta al bando, beh… chi non ricorda la mortadella nelle schede elettorali? Occorre dirselo: ancora non è stata inventata protesta più plateale.