Domani il Cda di Mediaset si pronuncerà sul “voltafaccia” di Vivendi. Dico subito che l’appesantimento dei conti di Premium – usato dai francesi come motivazione per tirarsi indietro dall’acquisto della pay tv di Cologno – secondo me è un pretesto. Figurarsi se Vivendi non immaginasse che Premium avesse qualche problema (84 milioni di perdite nel 2015 e 350 milioni di euro bruciati dal 2008).
Certo, lo stop dell’Antitrust francese e le pene della pay tv di casa (Canal +) che quest’anno lascerà sul terreno 400 milioni di perdite (quindi il doppio della potenziale perdita di Premium per Mediaset che della pay tv in Dtt ha l’89%) possono aver accelerato.
Ma la Vivendi dell’azionista di riferimento Vincent Bollorè vuole altro. La proposta è altra. Quindi via alle trattative. L’unico punto da capire è quanto Mediaset sia disposta a recedere dalla vendita di Premium. Pare per niente. Se però Premium i francesi se la comprano, a quel punto di lock up e limitazioni nel capitale del gruppo di Cologno si sentirà parlare molto di meno.
Senza dimenticare, come riportato oggi ampiamente sui giornali, che il quadro è molto più ampio. Qui però – faccio subito una disclosure – si entra nel campo degli scenari quantomai opinabili. E quindi, parlando di scenari, cito Telecom Italia, Mediaset, Mediobanca, Generali. Bollorè è dappertutto. I soldi veri, oggi, più che nelle banche sono nelle assicurazioni. E quattro sono i grandi player europeri:la francese Axa, la tedesca Allianz, Zurich e Generali. Quello del Leone di Trieste, se si volesse dar credito a una logica espansiva da Sistema Paese Francia, è però l’ultimo anello della catena. Avvicinarla ad Axa? Tornando a Bollorè e alle quattro società citate, filotto non farà di certo. Ma per la legge dei grandi numeri se punti a 4 almeno due li porti a casa. O no?