Affare fatto. Il quotidiano il tempo passa definitivamente alla famiglia Angelucci. Il passaggio ci sarà con la firma davanti al notaio il prossimo 28 luglio.
Si conclude così una vicenda andata avanti un anno e che a un certo punto sembrava essersi anche impantanata. A quanto mi risulta il quotidiano con sede a Piazza colonna a Roma continuerà con 22 giornalisti e due grafici. Questo è il responso delle trattative che si sono tenute nei giorni scorsi fra le varie parti interessate, compresi i sindacati.
I nuovi proprietari entreranno nel giornale a partire da settembre. Ma tutto fa pensare che da subito, dopo la firma, per i proprietari di Libero, inizierà un un periodo di stretta connessione operativa con il direttore attuale de Il Tempo, Gian Marco Chiocci.
La vicenda. La Tosinvest (società cassaforte del gruppo Angelucci) ha presentato la scorsa estate ai commissari giudiziali nominati dal Tribunale di Roma un’offerta da 12,5 milioni di euro (in 36 mesi) per l’acquisto della testata che il costruttore romano Domenico Bonifaci aveva acquistato dal gruppo Caltagirone alla fine degli anni ’90.
Alla fine, l’unica manifestazione d’interesse arrivata, anche dopo vari appelli e riaperture della procedura, è stata quella degli editori di Libero. Che ora sicuramente punteranno a fare sinergia (anche perché far un giornale con 22 giornalisti è onestamente impresa improba).
Giusto qualche numero per chiarire la situazione di crisi del Tempo: nell’esercizio 2014 ha chiuso con un rosso di 13 milioni di euro a fronte di 6,7 milioni di euro di valore della produzione. Nel 2013 la perdita netta è stata di 10,2 milioni, contro i 7,9 milioni di valore della produzione; nel 2012 rosso di 8,7 milioni a fronte di 8,9 milioni di ricavi e nel 2011 la perdita è stata di 6,4 milioni contro i 12,3 milioni di ricavi.
I giornalisti sono 43, compresi i 10 in Abruzzo in Cig a zero ore. I 33 della redazione romana hanno un contratto di solidarietà in corso. La proposta iniziale della famiglia Angelucci prevedeva il mantenimento di 15 giornalisti. E, conditio sine qua non, il mantenimento delle pubblicazioni. Altrimenti tutto sarebbe andato a monte.
Sul numero dei giornalisti, c’è stata così la revisione all’insù, arrivando fino a quota 22.