La tempesta perfetta che ha affondato i lavoratori di #Almaviva Contact a Roma

Ho negli occhi la scena e nelle orecchie la voce della lavoratrice di Almaviva Contact della sede di Roma. Ho negli occhi il modo in cui, nel video che ho potuto visionare sul Corriere.it, si scaglia contro il rappresentante sindacale reo di non aver firmato quell’accordo che le avrebbe permesso quantomeno per altri tre mesi di non pensare al dramma di cosa “dover dare da mangiare alla bimba da 4 anni”.

L’inferno della precarietà è da sempre associato nella vulgata comune ai call center. Il film “Tutta la vita davanti” ha rappresentato la sublimazione sul grande schermo di opportunità e disagi legati a questo mondo. Nel tempo queste condizioni si sono senz’altro evolute. Basti pensare al contratto nazionale con più tutele e welfare, arrivato nel 2013, per i collaboratori a progetto, i cosiddetto “outbound” che non rispondono alle telefonate, ma telefonano per offrire servizi commerviali. Chiaro però che non è uno di quei lavori che si sognano da bambino.

Pure per questo, anzi, proprio per questo la conclusione nella vertenza Almaviva Contact mi ha colpito, in quanto indicatore di una sequela di errori, di pressapochismo, di quel “tanto peggio tanto meglio” tipico dei cattivi profeti. Ha veramente dell’incredibile l’incrocio di responsabilità che ha generato una tempesta perfetta. C’è da chiedersi come hanno fatto i sindacati a servire all’azienda su un simile piatto d’argento la chiusura di una sede e il licenziamento di 1.666 persone.

Cosa speravano di ottenere le RSU della sede di Roma quella sera non firmando l’accordo? Anche perchè nel frattempo i colleghi napoletani stavano facendo l’opposto. Anche perché il sì alla proposta di mediazione del governo era stato intanto benedetto addirittura dai leader di Cgil, Cisl e Uil Camussso, Furlan e Barbagallo. Il ministro stesso li aveva convocati e loro erano andati al Mise, tutti e tre, il 21 dicembre: ultimo giorno per trovare un possibile accordo. Il governo ci era riuscito: 3 mesi in più di tempo per permettere alle parti di raggiungere l’intesa e intanto copertura della cassa integrazione, altrimenti scaduta.

Leggo sul web una possibile risposta alla mia domanda: noi non abbiamo ceduto al ricatto, allo spostare avanti senza un progetto le lancette per affrontare il problema. Ma l’alternativa? Intanto, firmando, ci sarebbero stati tre mesi davanti ai quali è stata preferita una dolorosa eutanasia.

Si può discutere sulla scelta di Almaviva Contact di licenziare 2.511 lavoratori, soprattutto dopo che a maggio era stato firmato un accordo che chiudeva la partita per 3mila licenziamenti annunciati a marzo. Quello di ottobre fu senz’altro un dietrofront di Almaviva Contact. Ma l’azienda dice: avevamo chiesto cose alle istituzioni (vigilare sul rispetto delle norme sulle delocaliazioni innanzitutto, ma anche evitare lo stillicidio delle gare al massimo ribasso) e ai sindacati (procedure per rcupero produttività e riduzione costi) e sono sstate fatte orecchie da mercante.  Altra domanda sull’azienda: si sarà spinta troppo nelle richieste ai lavoratori?

Il tema però è che a queste domande avrebbero dovuto cercare di rispondere le parti – azienda sindacati e con la regia del Mise – in questi tre mesi di trattative. E invece le Rsu hanno decciso di recidere anche la minima speranza.

Particolare inquetante: tutte le Rsu (non solo la Slc Cgil che aveva 7 delegati su 15) hanno non firmato l’accordo. Pare che i rappresentanti delle altre due sigle sindacali (Fistel Cisl) e Uilcom abbiano opposto il rifiuto solo per stare in scia e per non sentirsi piovere addosso l’accusa, troppo spesso mossa lora all’interno di fabbriche e aziende, di collaborazionismo con il “padrone”.

La toppa è di gran lunga peggio del buco.

Come è andata a finire l’ho spiegato

in questo articolo sul sito del Sole 24 Ore e sul Sole 24 Ore oggi in edicola

 

 

 

  • Andrea Biondi |

    Ringrazio lei dell’attenzione. Non doveva finire così. Le faccio i miei più sinceri “in bocca al lupo”.

  • Monia |

    Buon pomeriggio e Buon Anno.
    Le scrivo per ringraziarLa del bellissimo articolo che ho letto sul Il Sole 24 Ore.
    Mi chiamo Monia Siciliani, e sono l’ex dipendente di Almaviva Contact Spa, che Lei cita e che si è scagliata contro quel sindacalista. La rabbia è davvero tanta, per chi come me in quell’ azienda ci ha lavorato con dedizione per 16 lunghi anni. Il mio primo pensiero è stato appunto per mio figlio Mattia di 4 anni, perché è a lui che voglio garantire un futuro dignitoso e soprattutto sereno. Credo e ritengo che non dovesse finire così, che bisognava resistere fino alla fine. Così ormai siamo fuori completamente invece, in questi 3 mesi, si poteva raggiungere un adeguato accordo o magari no, ma almeno si poteva tentare.
    Non so cosa il futuro riservi per me, ma ho 36 anni e tutta la grinta che ha potuto vedere nel video, quindi andrò avanti cercando la forza nel mio bimbo.
    Grazie di cuore
    Monia Siciliani

  • Michele |

    Nell’articolo che identifica la situazione ma dopo la solidarietà di tutti le 1666 persone e famiglie rimarranno abbandonate al loro destino.A chi interessa la sorte di questi romani, a nessuno, alla politica che non è riuscita a formulare una proposta concreta per salvaguardare il comparto.A quale Santo affidarci?

  • Andrea Biondi |

    Buon anno a voi. E coraggio

  • Marco Pizzicaria |

    Gentile Signor Biondi ho lavorato 10 in almaviva, ora lavoro in MPS nel contenzioso e mia moglie invece ha lavorato ormai da 17 anni in Almaviva e fa parte dei 1600 licenziati. Siamo stati rovinati dal sindacato di base RSU della CGIL. Semplicemente si sono venduti perche altrimenti è inspiegabile volersi licenziare da soli a tutti i costi, consiglierei alla CGIL di rendersi conto a livello più basso che individui irresponsabili e demagogici ci sono per non dire peggio. C’è qualcosa che non torna in tutto questo. La ringrazio per aver colto nel suo articolo la drammaticità economica in cui questo paese e Roma in particolar modo sta attraversando. Alla prossima per parlarle dell’angoscia che che regna anche in MPS. Buon anno. Marco e Laura

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